"Fuochi d'Estate" di Tomaselli Elio - Prime Edizioni Libri

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"Fuochi d'Estate"
di Elio Tomaselli
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SINOSSI
Fuochi d’estate è una sorta di saggio filosofico sulla natura del mondo e sulle condizioni del genere umano. Il protagonista è anche l’io narrante e descrive il suo pensiero a piccole dosi, usandolo come pennellate di colore per dare forza poetica alle quotidiane vicissitudini a cui è chiamato, durante la ricerca di una sua vecchia insegnante d’Italiano la quale, ai tempi della scuola Media, gli aveva consigliato di laurearsi in Lettere e scrivere libri. Ma il primo libro lo scrive quarant’anni dopo, già pensionato e avendo fatto tutt’altro mestiere che il professore. E quando finalmente può mettere le mani sulla stampa, autofinanziata, di questa sua opera prima, parte alla ricerca della sua Maestra per farglielo leggere. Sono  giorni di maratona prima in treno, lungo lo Stivale, a piedi per le vie di Pisa ed infine in sella ad un motorino per le vie di Francavilla Fontana e dintorni, motorino che sembra partecipare con umano sentimento alle sue peripezie, in quella calda estate del ’98.
Durante il viaggio rievoca con brevi flash il suo vissuto, somministrando ad ogni buona occasione le sue considerazioni filosofiche che si fondano su una visione poetico-materialistica dell’esistenza. Non vuole convincere nessuno con le sue idee ma le racconta con ironia e sagacia, muovendo alla riflessione, quando va a spasso tra le stelle oppure a curiosare tra le miserie degli uomini, nella sua infanzia ed infine sulla spiaggia, tra i numerosissimi fuochi accesi di notte per la festa del mare. Il viaggio si conclude in un luogo assai particolare, dove avviene un dialogo serrato con la sua Maestra ritrovata e con la quale, finalmente, può parlare in poesia in un’atmosfera del tutto onirico-surreale.
Mi chiamo Flick, non chiedetemi perché. Non lo so. Ma sono un tipo sveglio. Veloce anche; faccio tutto in fretta e quando mangio finisco prima degli altri. Non riesco ad andare piano. Devo essere sempre il primo a finire. È così che mi sento più forte.
Certe volte mi sembra di andare più veloce del tempo e di scappare da un luogo prima ancora d’arrivarci. Ma è solo un’impressione. Perché il tempo mi confonde sempre. Abito in campagna, tra le vigne e gli ulivi, ed in questi spazi enormi c’è sempre un gran da fare. Acqua, tubi, zappa, trattore, pompa, potare, arare, pozzo, fontana, muri, pietre, semina, raccogliere, eccetera. Non si muore d’inedia. Nora non riesce mai a capire dove sono; urla se mi cerca. Poi sbuco da qualche anfratto, come una lepre. Le case coloniche sono fatte così: enormi e con gli uccelli intorno. Gli alberi pure. Le viti. Il pollaio. I cani. I gatti. I topi.
-Ti devo cercare col fucile per stanarti, come una lepre.- Mi dice.
È condannata ad inseguirmi con la tazzina del caffè in mano. Questa storia va avanti da una vita.
Quel giorno le telefonai dalla macchina, proprio mentre la caffettiera stava sbuffando il suo proietto nerifico.
-Dove diavolo sei finito! Si può sapere?-
-Sto andando a Taranto, ma torno fra un’ora.-
-E il caffè?-
-Quando torno!-
-Attento alla strada!-
-Non morirò!-
-Devo ucciderti io, lo sai!-
Ero già alle porte della città dei due mari. Mi fermai per dare la precedenza al funerale, quando ancora il corteo si stava avviando lentamente dalla casa dell’estinto verso il viale Magna Grecia, scoordinato e frammentario è vero ma dignitoso e composto nel suo silenzio.
Passato il mortorio, che aveva lasciato dietro di sé, anche, una scia di fiori disseminati sull’asfalto, come mi fossi liberato da un peso opprimente, riaccesi il motore e raggiunsi veloce la sede della mia casa editrice. Taranto era in quei giorni in uno stato di grazia solenne, piena di mosche e di zanzare, di pescatori  e di gente chiassosa, di signorine attillate e di bulli volgari.  
La città era, ed è tuttora, un coacervo di strade e palazzi, di bus e motorini, di viali alberati e intasati, di furbacchioni che passano col rosso, di furfanti sempre all’azione. Ma io quella volta, cioè qualche mese fa, non me ne curavo di tutto quel bailamme, avevo altro da fare.
Salii le scale a due gradini alla volta e quando l’editore mi aprì, gli sorrisi benevolo e lo salutai con enfasi, quasi a volergli gettare le braccia al collo.
Poi iniziammo a parlare del più e del meno, in attesa che arrivasse la sua segretaria. La ragazza stava ritardando e dopo mezz’ora, esauriti gli argomenti generali, io volevo stringere. Stavo per stringere. Ero impaziente di stringere, entrare nel vivo della questione. Non si poteva concludere perché mancava l’oggetto fisico della discussione: il manoscritto. Lo aveva conservato lei e l’editore stava iniziando a spazientirsi, dopo aver cercato dappertutto, facendo in modo che io non mi avvedessi del suo malumore. Continuammo a girare alla larga, con i discorsi, per altri dieci minuti.
-Sa come sono i giovani d’oggi, … sempre in ritardo, sempre così distratti!-  Disse.
Si vedeva benissimo che era agitato e quando la ragazza finalmente arrivò, la fulminò con uno sguardo severo e le ingiunse, con voce cupa, parlando di stomaco:
-Chiedi scusa al signore, Cristina, per il tuo insopportabile ritardo!-
La ragazza, ubbidiente, si girò verso di me, facendo un mezzo inchino, e con molta umiltà disse:
-Le chiedo scusa signore! Sono spiacente! Sono in ritardo come una stupida: è un brutto pasticcio vero?-
-Ma si figuri signorina, non è niente, davvero … non è niente!-
Dissi io, che accettavo di buon grado quel suo gesto di civiltà che da un lato mi ripagava di tutta l’attesa fatta e dall’altro già mi metteva finalmente di ottimo umore. I ragazzi giocavano nell’angusto cortile del palazzo, mandando ogni cinque minuti la palla ad urtare contro i vetri delle finestre del piano terra. Era pomeriggio inoltrato, quasi il vespro, e me ne stavo seduto di fronte a quello che stava per diventare il mio primo editore; lui era illuminato da un fascio di luce solare, cadente obliquo dalla finestra, si dondolava sulla sua poltroncina di pelle e dispensava carezze, a piene mani, alla sua cagnetta bianca; ne ignoravo la razza e la ignoro tuttora, che gli uggiolava assai riconoscente e sembrava giurargli eterna fedeltà ma agitava, in maniera ossessiva, il moncherino della sua coda. Inoltre gli faceva continuamente linguetta e lui, un po’ per gratificarla ed un po’ per soddisfare quel suo vivo istinto protettivo, quella sua voglia di sentirsi padre e padrone, continuava a dispensare carezze e toccamenti a profusione, dando così l’impressione, a chi li vedesse per la prima volta, di essere uomo e animale, in un autentico stato di empatia.
La ragazza entrò col manoscritto.....
Elio Tomaselli nasce a Fragagnano (Ta) il 29 marzo del 1945. Studia in paese fino alle Medie e lavora nei campi contemporaneamente, apprendendo dal padre i rudimenti della viticultura.
Nel 1961, seguendo l’esempio di altri fratelli, si trasferisce a Torino dove lavora in varie fabbriche metalmeccaniche. Riprende a studiare, da privatista, conseguendo il diploma Magistrale. Nel 1966, tornato a Fragagnano per accudire ai vecchi genitori, trova occupazione presso il costituendo IV Centro Siderurgico Italsider. Nel 1990, approfittando di alcune agevolazioni per studenti lavoratori, inizia a frequentare la facoltà di Sociologia nell’università di Urbino dove nel 1995 si laurea con una tesi in Filosofia morale. Nello stesso anno però viene posto in prepensionamento, come altri dipendenti, a causa della nota crisi dell’acciaio.
Vive nella sua casa di campagna a Fragagnano, dove alterna alle incessanti attività culturali, quelle più prosaiche di agricoltore.
Sposato con Lanzo Vita Maria, ha tre figli: Silvia, Barbara e Cristiano.
Scrive poesie fin da ragazzo ma non ne ha mai fatte stampare.
Ha pubblicato:
  • Le mie ciminiere, racconti ispirati all’esperienza lavorativa siderurgica, Scorpione editrice.
  • Diario di un villano, storie di lotte contro le discariche, Montanaro editore.
  • Eliadi, continuazione di racconti siderurgici, autoprodotto.
Ha collaborato col quindicinale Urbe di Fragagnano con cui ha pubblicato poesie e storie di vita paesana. Inoltre sono pronti per le stampe i seguenti lavori:
  • I racconti del Cretaccio, racconti civili.
  • Il canto jonio, raccolta di poesie.
  • Il segreto di Iole, raccolta di poesie.
  • Elogio del non essere, racconto lungo.
  • Poesie varie, pubblicate su FaceBook.
- Saggio filosofico
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